PANZO META PREFERITA DA SANTA CHIARA,
di Giuseppe Bambini

Tra i luoghi del magico e del meraviglioso che pervadono un monte mistico come il Subasio, un posto di tutto rilievo spetta certamente a Panzo. Consigliato abbigliamento comodo e calzature adeguate a una gita in montagna. Munirsi di zainetto contenente qualcosa da mangiare e da bere, Carta dei Sentieri del Monte Subasio in scala 1:20000 del C.A.I. sezione di Foligno, binocolo per gustare i panorami e macchina fotografica per chi vuol ricordare. In automobile: da Piazza Matteotti (445 m) si prende in direzione S. Maria degli Angeli, al bivio di Porta Nova si prosegue in direzione Foligno (SS 147); dopo circa 300 m si imbocca sulla sin una stretta strada asfaltata (SP 251) in direzione S. Benedetto che sale tra abitazioni, querce, e cipressi. Si giunge in breve a un evidente incrocio tra varie strade dove conviene parcheggiare su un piccolo spiazzo a ds, in prossimità di un oliveto (440 m - 2.8 km da Piazza Matteotti). Itinerario: si inizia a camminare (E) in leggera discesa lungo Via S. Benedetto. Sulla ds, oltre la recinzione si nota il manto erboso dello Stadio degli Ulivi, costruito negli anni '60 sfruttando la naturale depressione carsica di Fossa Caroncia, che dà il nome alla zona circostante. Sulla sin un vasto oliveto, verso monte il boscoso versante S del Subasio. Percorsi poche centinaia di metri, si giunge a un bivio (456 m) in corrispondenza di un casale sulla ds perfettamente restaurato delimitato da fitti cipressi. Si lascia la strada fin qui percorsa e si imbocca sulla sin una stretta sterrata in forte salita (segnale in legno S. Angelo in Panzo), ombreggiata da un doppio filare di poderose roverelle. Si trascura la prima deviazione a ds che conduce a un casale. Proseguendo lungo la sterrata in salita si giunge senza possibilità di errori a S. Angelo in Panzo (490 m - 30 min dalla partenza) riconoscibile sulla sin per il muro di recinzione in pietra, completamente rivestito da un esteso rampicante. In Umbria, il culto di S. Michele Arcangelo - o più semplicemente S. Angelo - risale al V sec, al tempo della dominazione longobarda. Il toponimo S. Angelo in Panzo, gentilizio, risulta attestato già prima del Mille. La felice esposizione, la ricchezza di sorgenti e tracce di mura romane giustificano ulteriormente la presenza di antichi insediamenti umani. L'intero complesso è di proprietà privata; si può comunque suonare alla piccola campanella del cancello metallico di ingresso. Sarete fortunati se all'atrio si affaccerà Rita - castellana di Panzo - che, aperto l'uscio, con naturale cortesia vi farà accedere al giardino dove si affacciano, con geometrica armonia, la minuscola Chiesa di S. Angelo e la fonte di Panzo, nonché la storica dimora dei proprietari, quest'ultima non visitabile. "La fama di S. Angelo in Panzo è legata a S. Chiara di Assisi. Narrano le fonti che Chiara, dopo essersi votata a Dio davanti all'altare della Porziuncola, presente Francesco, si ritirò nel monastero benedettino di S. Paolo delle Abbadesse, presso Bastia, nel tentativo di sfuggire ai consanguinei, che non approvavano la sua drastica decisione di staccarsi dal mondo. Inseguita da questi, non cedette alla loro violenza e mostrò di essere ferma e irremovibile nel suo proposito. Dopo alcuni giorni di permanenza a S. Paolo si trasferì - ad ecclesiam S. Angeli de Panso - posta sulla pendici del Monte Subasio. A condurvela furono S. Francesco, frate Filippo e frate Bernardo. Era la fine di marzo del 1212" (Francesco Santucci). All'inizio del XVII sec il complesso risulta di proprietà della famiglia Bonacquisti di Assisi, che nel 1604 provvede a riedificare l'attuale chiesina con le stesse pietre dell'antichissima e celeberrima chiesa di S. Angelo in Panzo, come si legge nell'iscrizione all'interno del santuario. Nel XVIII sec la struttura passa alla famiglia Aluigi di Assisi. Nel 1933 diventa proprietà della famiglia Brunelli di Assisi. L'attuale proprietario è il dott. Ettore Marconi - discendente dei Brunelli - alla cui passione e competenza si deve il recupero dell'intero complesso, riportato all'antico splendore dopo decenni di abbandono e di oblio. Merita di essere riportata una curiosa scritta, riprodotta su mattonella all'interno dell'abitazione: "Al mirar che fai del sito alpestre - Stupito passegger arresta il piede - Questo luogo precede - Dell'Asio ogni altra abitation campestre - Se poi al genio tuo non gusta o piace - Cerca altrove l'albergo e parti in pace - 1604" "La fonte di Panzo - mi informa Vinicio Buzzao, una vita da fontaniere comunale - insieme a un'altra sorgente poco distante, alimenta l'acquedotto di Panzo, con portata compresa tra i 2 e i 10 litri al secondo, che provvede all'approvvigionamento idrico della parte inferiore di Assisi, compresa tra Borgo Aretino e S. Pietro. La città ha utilizzato sicuramente sin dal periodo etrusco-romano le sorgenti di Panzo, provvedendo a numerosi restauri dell'acquedotto nel corso dei secoli, l'ultimo dei quali risale al 1907. Nel 1927 - prosegue Vinicio, autentica memoria idraulica di Assisi - arrivò in città l'acqua proveniente da Nocera Umbra, tramite l'acquedotto Bagnara-Assisi-Perugia, che risolse radicalmente l'approvvigionamento idrico cittadino. Attualmente l'acquedotto di Panzo contribuisce in misura del 10% ai bisogni della città". Dissetatevi alla fonte di Panzo ! Da Panzo, con breve percorso in salita (15 min) ci si può immettere nel Fosso delle Carceri "dove è possibile osservare gole, forre, gradini di vecchie cascate, pareti strapiombianti, tutti segni di un imponente lavoro di demolizione svoltosi in condizioni climatiche di grande piovosità. Tra le sorprese che questo torrente fossile riserva agli escursionisti, desta ammirazione e stupore la tenebrosa forra dell' Orrido di Panzo, localmente detto Carabone. Qui, in fondo al gradino di un'antica cascata circondata da pareti a picco, si apre svasandosi un pozzo sub-verticale, conosciuto come Catino del Diavolo, la cui bocca è situata sul piano superiore della cascata stessa. Altri due pozzi si trovano nei pressi, sulla ds idrografica; sono visibili solo dal basso perché l'imboccatura superiore è mimetizzata dalla vegetazione e, quindi, pericolosa. Il Carabone è senza dubbio uno dei luoghi più suggestivi del monte, che suscita nel contempo una forte meraviglia, un senso di mistero e un atteggiamento di rispetto e soggezione verso l'opera della natura" (Emilio Vetturini). Ma stavolta non verrà fornita la descrizione dettagliata dell'itinerario che da Panzo conduce al Carabone, in quanto lo stesso presenta pericoli oggettivi e quindi va raggiunto con l'aiuto di qualcuno del posto che già lo conosce e lo frequenta. Chiedere, informarsi, cercare chi c'è già stato, pregare qualcuno di farsi accompagnare, dare un senso alla "scoperta". Chi scrive ha conosciuto l'Orrido di Panzo in questo modo, e da allora il Carabone è sempre lì - placido e tenebroso - sempre pronto a fornire nuove emozioni e nuove sensazioni.

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